LA GABBIA DELL’INDIFFERENZA

Sciluni, Abidash, Brian, Susil. I bambini dimenticati “salvati” dallo tsunami hanno occhi grandi da cerbiatto e un sorriso in gabbia. Nascosto dalle sbarre degli orfanotrofi-lager, appannato da anni di violenze, spento dagli spari della guerra civile. Ma ora l’onda assassina che in Sri Lanka ha spazzato via case, scuole, famiglie, ha squarciato per sempre la gabbia dell’indifferenza, scoperchiando l’inferno dei più piccoli e mettendolo sotto gli occhi del mondo. E mentre l’oceano continua a risputare sulle spiagge quel che resta di uomini e donne, con i soldi dell’emergenza, c’è chi pensa a ricostruire anche il futuro dei bambini e a fare in modo che il birthmark impresso sulla fronte delle bimbe singalesi e il maru delle piccole tamil diventi davvero il segno della buona sorte. E il merito è di persone come Lucilla Andreanelli, Lorenzo Bacci e Sebastiana Di Martino, che con la Odv Amo-Attraverso il mondo per un sorriso da anni lottano per correggere le storture di un sistema sbagliato, che accetta che il 30% dei bambini – secondo dati ufficiali – venga stuprato in famiglia.


VIOLENZE AI BAMBINI, EMERGENZA GENERALE 

Doveva essere un viaggio nello Sri Lanka devastato dallo tsunami. Si è trasformato in un viaggio nell’inferno della violenza sui bambini. Dietro le sbarre degli orfanotrofi lager, dietro il filo spinato delle città assediate: dove il sorriso dei più piccoli si spegne, ingabbiato, per lasciar spazio all’orrore. Massimiliano Fanni Canelles, medico di Cividale, in missione per la Odv Spes, con un mandato dell’Istituto internazionale di studi sui diritti dell’uomo, era partito alla ricerca degli orfani dello tsunami. Ma, nei 10 giorni di maratona attraverso l’isola, da Colombo a Galle e da qui al nord dei tamil, ha scoperto che l’onda assassina ha lasciato relativamente pochi bambini senza genitori (500 secondo i dati governativi, 850 secondo il professor Harendra de Silva della National protection children authority), ma ha contribuito a scoperchiare e mettere sotto gli occhi del mondo la piaga di una violenza diffusa e sistematica. «Lo Sri Lanka – si legge nel documento finale – è un Paese dove lo stupro dei propri figli o dei bambini in genere è una prassi generalizzata. Secondo de Silva quasi il 30% dei bambini, il 20% dei maschi e il 10% delle femmine sotto i 5 anni è già stato stuprato». Come spiega Fanni, «con i fondi raccolti vorremmo finanziare un centro per donne e bambini nel sud, in collaborazione con la Odv Amo, che a Galle già ha una casa famiglia per 18 bambine stuprate, ottimamente condotta da Lucilla Andreanelli e Lorenzo Bacci. Inoltre, nei dintorni di Colombo, vorremmo ristrutturare il Remand Home Kottawa, un riformatorio del governo dove i ragazzini – anche quelli abusati – vivono dietro le sbarre tutto il giorno per un periodo che va da un mese fino a due anni». Ma il problema più grave riguarda la zona nordest. «Nel sud il governo ha liberato le strade e sta ricostruendo la ferrovia. Da Batticaloa in su – denuncia Fanni Canelles – è tutto come un mese fa. Le strade sono piene di macerie e non percorribili. Il governo non ha mandato gli aiuti necessari e ci sono solo ong. Il motivo è che la popolazione è a maggioranza tamil. Il governo sta utilizzando lo tsunami per combattere i tamil lasciandoli nella disperazione. Non solo: visto che molte ong stanno dirottando i loro sforzi verso la zona tamil ha mandato una lettera che impedisce a chiunque di poter gestire autonomamente i soldi degli aiuti e, sempre con la scusa dell’emergenza, ha incaricato una ditta di applicare la censura della corrispondenza.


SORRISI INGABBIATI

Il viaggio nell’inferno dei sorrisi ingabbiati comincia nei cameroni sporchi dell’Halpatota children home, un “detention” del sud dove un centinaio di bimbi – molti abusati – vivono “parcheggiati” in attesa che si decida a chi affidarli. E da lì, risalendo la costa, arriva ad un remand a Kottawa, vicino a Colombo, un riformatorio-lager dove 55 bambini dai 6 ai 18 anni per la sola “colpa” di aver rubato una catenina o di essere scappati di casa o addirittura dopo aver subito violenza, vivono tutto il giorno dietro le sbarre. Non ci sono orfani dello tsunami, ma se oggi quei bambini dormono sui letti donati dall’Unicef qualche settimana fa e non più per terra, è merito dell’onda emotiva provocata dal maremoto. La “casa del sorriso” esiste anche per i piccoli singalesi, in un villaggio vicino a Galle, nel sud, dove, nel novembre 2004, la Odv Amo, ha inaugurato “Casa Mijri” (“dolce casa”), per accogliere 18 bambine dai 6 ai 14 anni, che hanno subito violenza e che lì cercano «una medicina per dimenticare tutto», come una piccola singalese disse un giorno a Lucilla Andreanelli che insieme al marito Lorenzo Bacci gestisce ottimamente la casa.


FILO SPINATO

L’onda che uccide ha cancellato case, alberghi, resort. Non le differenze. Se nel sud dei singalesi le ruspe sono al lavoro per rimuovere i detriti e ricostruire la ferrovia, man mano che ci si avvicina al Nordest a maggioranza tamil sulle strisce d’asfalto sconnesso, la situazione si fa più disastrosa. A Batticaloa l’effetto è quello di un’Apocalisse. Dove c’era una primary school ora ci sono solo macerie, che coprono ogni metro quadrato della costa: lo tsunami qui non ha lasciato neanche le fondamenta. E sembra che sia accaduto ieri. Nessun aiuto governativo è arrivato ai tamil, lamenta Anton Stanislos dell’associazione Koinonia. Se i soldati presidiano la città dietro i check point, al lavoro si vedono solo le ong e i locali, che spalano a mano. All’albergo Co.op.inn, il migliore di “Batti”, con le pulci nel letto, incontriamo volontari francesi, svedesi, addirittura texani Qui, dove i tamil sono il 60% della popolazione, gli sfollati vivono in roventi store di lamiera come il Paddy marketing boarding store, dove, divise da teli di plastica in “loculi” di due metri per due, abitano 230 famiglie. Ma la speranza può rinascere anche dietro il filo spinato della guerra civile. Perché recintato dietro lo stesso filo spinato dei check point, a Manresa, c’è il terreno da 7 ettari che Koinonia comprerà con fondi stranieri per costruire un nuovo orfanotrofio e dietro quel filo spinato, a Kaluvankerry, c’è la terra che, grazie al contributo di Spes, accoglierà una scuola per i piccoli tamil.


SULL’ONDA DELL’EMOZIONE: LE RIVELAZIONI DELLO TSUNAMI

La Natura comunica, purtroppo con un linguaggio che l’essere umano non è più in grado di comprendere. La tragedia dello tsunami nel Sud-est Asiatico del dicembre 2004 ha scosso le nostre coscienze e toccato le nostre più profonde corde emotive, ma i misfatti che, a distanza di quasi due mesi, sono emersi dalle conseguenze del disastro sono destinati a sconvolgere ancora di più le nostre fragili certezze. Lo Sri Lanka – un tempo noto come Isola di Ceylon – è governato dal gruppo etnico di maggioranza cingalese di credo buddista, che non ha mai riconosciuto i diritti dei Tamil, di religione indù, minoranza che vive nella parte nord dell’isola. Questi, soprattutto durante gli anni ’70, hanno subìto soprusi e violenze di ogni genere da parte delle autorità governative, accusate di continue violazioni dei diritti umani. Nel 1983, è nato il movimento delle Tigri per la Liberazione della Nazione Tamil (Liberation Tigers of Tamil Eelam – LTTE), che ha iniziato la lotta armata per l’indipendenza. Il conflitto, tuttora sanguinoso, ha causato fino ad oggi 70mila morti e 800mila profughi, tutti Tamil. Lo scenario che si è presentato a Batticaloa all’arrivo dei primi soccorsi è lo stesso ovunque all’est: case e strade distrutte, macerie a perdita d’occhio. I volontari delle ONG francesi giunti sul posto scavano a mani nude per estrarre ciò che resta dei cadaveri ancora intrappolati, respirando l’aria ammorbata dall’odore della morte. Muovendo verso nord, a Trincomalee, la percentuale di presenza tamil aumenta e lo stato di abbandono nel quale viene lasciata la popolazione è ancora più evidente. La fame e le malattie stanno decimando i sopravvissuti, molti sono bambini febbricitanti e denutriti, costretti a dormire per terra e per coprirsi hanno un telo sporco e sdrucito. La posizione del governo cingalese è di non inviare gli aiuti che sarebbero necessari per garantire un ritorno alla normalità in quelle aree a maggiore densità di tamil, oppositori del governo: l’ordine è di sfruttare lo stato di disperazione nel quale versano, causato dalla furia dell’onda assassina, per contrastare il dissenso. Il governo ha fino ad oggi elargito ad ognuno meno di un euro al giorno, due pezzi di pane rancido e due sigarette: i tamil sono in rivolta contro i militari inviati a vigilare. Trincomalee è assediata, lungo la strada ci sono posti di blocco ogni cinque chilometri, le donne si sdraiano a terra per impedire il passaggio dei mezzi militari.